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Dal summit una spinta al commercio

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31 marzo 2009

Il G-20 ci riprova. L'allarme lanciato la settimana scorsa dalla Wto, secondo cui il commercio mondiale crollerà del 9% quest'anno, mostra che uno dei motori principali della crescita degli ultimi decenni è ingrippato e non potrà trainare l'economia globale fuori dalla crisi. Allora, provano a ripartire dal commercio giovedì a Londra i leader dei grandi Paesi industriali e delle nuove potenze emergenti, dopo il fallimento del debutto del nuovo gruppo a Washington lo scorso novembre, quando si impegnarono a chiudere il Doha Round entro fine anno e a non adottare misure di restrizioni degli commerci, promesse entrambe disattese. L'urgenza di agire su più fronti, dal commercio, alla spinta alla crescita, alle riforme del sistema finanziario è stata riportata ieri drammaticamente alla ribalta dalla pesante caduta dei mercati finanziari.
Da questo secondo summit, peraltro, secondo quello che emerge dalle prime bozze del comunicato cui lavorano gli sherpa dei capi di Stato e di Governo, difficilmente potrà uscire molto di più di una reiterazione degli impegni a non far danni ulteriori agli scambi commerciali, compresa la rinuncia ai margini di manovra che pure verrebbero consentiti dalle regole Wto (e che quasi tutti hanno ampiamente sfruttato da novembre in poi) e l'imprimatur alla Wto stessa per pubblicare una "lista nera" dei trasgressori. L'impegno più concreto,anche se la cifra finale è lasciata ai negoziati dell'ultima ora,dovrebbe venire dalla creazione di nuovi finanziamenti al commercio, per far fronte al crollo delle linee di credito che ha aggravato la contrazione degli scambi. Il padrone di casa, il premier britannico Gordon Brown, ha parlato di 100 miliardi di dollari.

Il G-20 parlerà di obiettivo di ritorno alla crescita entro la fine del 2010: per ottenerlo, dovrebbe non solo impedire il ritorno del protezionismo, ma vedere per allora gli effetti di una politica monetaria aggressiva e dei piani di stimolo fiscale,sui quali per la verità l'accordo è più che altro di facciata, visto che gli Stati Uniti invocano un ulteriore sforzo dei principali partner e gli europei, a partire dai tedeschi, sono riluttanti, o quanto meno sono convinti di aver già dato. Le aspettative su questo fronte sono modeste.

L'altra cifra che andrà definita a Londra è quella che riguarda l'aumento delle risorse del Fondo monetario per soccorrere i Paesi in difficoltà a causa della crisi. Si dovrebbe andare al di là del raddoppio delle attuali risorse, pari a 250 miliardi di dollari, visto che il Giappone ha già firmato per 100 miliardi, l'Unione europea per altri 100 e dovranno arrivare gli impegni di Stati Uniti, Arabia Saudita e Cina. Pechino vuole che al suo maggior coinvolgimento corrisponda un maggior peso dentro l'Fmi e lo avrà, anche se non subito.

Sui cambiamenti del sistema finanziario globale, destinati a rimettere in movimento il mercato del credito e a rivederne la struttura per evitare il ripetersi di crisi come quella in corso, il G-20 farà sue le linee indicate dal Financial Stability Forum (forse ribattezzato Financial Stability Board e ormai già allargato agli emergenti e alla Spagna) sotto la guida di Mario Draghi: regole per tutti, compresi hedge fund, agenzie di rating e paradisi fiscali, supervisione delle banche globali attraverso collegi di vigilanza, rafforzamento (non appena le condizioni lo consentano) del capitale delle banche.

Intanto, un network di 120 imprese di Italia, Francia, Spagna e Portogallo, il Consiglio di cooperazione economica, consegnerà oggi al presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, in vista del G-20, otto raccomandazioni, che riguardano fra l'altro politiche di allentamento del credit crunch, un approccio anticiclico alla regolamentazione finanziaria e la definizione di «vie d'uscita»dalle misure straordinarie quando arriverà la ripresa.
A.Me.

31 marzo 2009
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